FOLIE FEYDEAU
Amour et piano - Ménage in vasca
Amour et piano - Ménage in vasca
FOLIE FEYDEAU
Amour et Piano & Ménage in vasca
Due atti unici di Georges Feydeau
Con
Gaia Amico, Giulio Macrì, Claudio Pellegrini, Davide Tortorelli, Teresa Vigilante
Ideazione e cura dello spazio scenico
Gaia Amico e Davide Tortorelli
Assistente alla regia
Riccardo Mattei / Naomi Messineo
Traduzione e regia
Davide Tortorelli
Produzione
9c Teatro APS
Durata: 85'
I testi qui presentati come dittico, sono due fra i primi esperimenti giovanili di Georges Feydeau, scritti rispettivamente nel 1882 e nel 1888.
Nella loro imperfezione formale e ingenuità giovanile, presentano però già in nuce tutti gli ingredienti delle grandi commedie di Feydeau: la scrittura precisa, ritmica, il gusto per l’assurdo e per l’equivoco, il dialogo sempre aperto fra personaggi e spettatori, la ridicolizzazione dei valori borghesi e una certa predilezione per le situazioni osé, possono essere qui osservati come piccole pietruzze incastonate in due autentici gioiellini, sotto la lente dell’orafo-spettatore.
In Amour et Piano, infatti, si parla di un giovane rampante, Edouard, giunto dalla provincia per “sistemarsi” nella bella società parigina, con un’attrice molto famosa. Si reca all’indirizzo sbagliato ed entra in casa di una giovane ragazza di buona famiglia, Lucille, la quale, insieme al suo domestico Battista, aspettava un importante maestro di musica. Nessuno si accorge dell’errore e le conseguenze sono esilaranti.
In Ménage in vasca, invece, la signora Laurence vuole farsi un bel bagno. La domestica Adelaide, e Catulle, il nipote di Laurence, glielo preparano; nel frattempo il marito Cocarel, si prepara per uscire, per una scappatella all’insaputa della moglie. Per una catena di coincidenze nefaste, a farsi il bagno sarà poi la domestica, e, al suo rientro, Cocarel, al buio, la scambierà per la moglie. Quest’ultima, li sorprenderà insieme in situazione a dir poco sconveniente… da lì equivoci, minacce legali, finti duelli, vendette…
Due marchingegni comici a cui allo spettatore non resta che lasciarsi trasportare.
NOTE DI REGIA
Feydeau è uno dei più grandi geni del teatro della storia. Come molti grandi geni, spesso viene frainteso e scambiato per un autore leggero, disimpegnato e, a tratti, non all’altezza di un Teatro professionale. Nulla di più sbagliato.
Al di là del genio comico strepitoso, capace di creare situazioni e dialoghi di una perfezione musicale e matematica, sotto l’apparente superficialità e l’intrico di situazioni grottesche e parossistiche, si nasconde una profonda critica alla società del suo tempo, alla borghesia in crisi, privata dei suoi valori, disincantata in un mondo, quello della Belle
époque, che celava sotto una patina di luci, gioia, benessere, già il vacuum che avrebbe portato l’Europa alla catastrofe della Grande Guerra. Qualcosa di simile pare che stia accadendo alla nostra società: distratta, festosa, ipnotizzata dalle immagini, immersa nella voglia di evasione, ma intrisa di un sentore di disastro imminente.
La risata in Feydeau è spietata, come un’arma che strappa dagli uomini e le donne, la maschera della bella società, abbattendo convenzioni sociali e valori quali il matrimonio, la fedeltà, la famiglia, svelando una pulsione comune a tutti verso l’egoismo, la lussuria, il piacere, la trasgressione, l’avidità…
La sua opera, e in certa misura anche questi due testi, raccontano di una classe dirigente in declino, e delle interferenze nel Bel Mondo delle tentazioni del Demi-Monde, il mondo di mezzo, fatto di tutto ciò che era proibito nella bella società.
Come i migliori autori, Feydeau, era capace di sbattere in faccia al proprio pubblico la sua stessa ipocrisia: nella Parigi capitale del divertimento del mondo di fine Ottocento, i bar, i cabaret, i teatri, gli hotel erano i luoghi di perdizione ed è probabile che questi due testi giovanili di Feydeau siano stati messi in scena in contesti non propriamente teatrali, come i cabaret. Luoghi piccoli, bui, discreti, dove la bella società poteva camuffarsi e lasciarsi andare alla lussuria, salvando le apparenze…
In un clima di Cabaret, dunque, si muoveranno questi personaggi, che sono più caricature, caratteri e allegorie che veri personaggi; marionette chiuse in un carillon che suona le loro parole, a ricreare la perfetta matematica e musicalità del Comico, meccanismo perfetto per la deflagrazione della risata.
La forza dei testi di Feydeau, è infatti la loro musicalità intrinseca, rispondente ritmicamente e melodicamente a quelle leggi, eterne quanto ineffabili e intangibili, della comicità. Lo stesso Feydeau ha dichiarato più volte di dirigere i suoi attori come un direttore d’orchestra, richiamandoli al rispetto di una musica che lui era in grado di immaginare e sentire, l’unica che potesse far funzionare le gag di cui sono costellati i suoi testi. Quella musicalità deve manifestarsi nel complesso dell’agire scenico dell’attore: parola, intonazione, ritmo, corpo e movimenti formano una partitura precisissima di virtuosismi che sublima
l’apparente inconsistenza della trama, per realizzare il meraviglioso accordo fra attori e spettatori che accettano di credere insieme l’assurdo e l’impossibile, per il gusto di una sana risata.
Per l’attore questa è una sfida non indifferente. Lo richiama a una diversa concezione di sé e della sua recitazione che deve incardinarsi all’interno di una concatenazione di meccanismi che vanno oltre la sua persona. L’attore deve sottrarsi per farsi attraversare dal testo e darsi al gioco teatrale, tralasciando ogni aspetto psicologico introspettivo, alla ricerca di un’esteriorità “oggettiva” e a tratti caricaturale estremamente complessa. Andare oltre se stesso, eliminando se stesso con tutto se stesso. Trovare la sua massima espressione, nel totale servizio al testo. Come se fosse un professore d’orchestra, deve rispettare tempi, pause, sospensioni (i testi sono pieni di didascalie che riguardano queste indicazioni musicali), appuntamenti coreografici e infine un certo modo di dire la battuta per ricreare la musica che l’autore si era immaginato quando l’ha scritta. Un tipo di recitazione che non è “per il pubblico” né “a pubblico” , ma “con il pubblico”, in un dialogo aperto e costante che trascina dentro l’assurdo ogni singolo spettatore, rendendolo complice onnisciente di tutto ciò che accade sulla scena.
Libretto di sala
Scheda artistica
Referente del progetto: Davide Tortorelli
Tel. 340 232 5127
email: d.tortorelli@hotmail.it
9cteatro@gmail.com