Kore, core mio | La conta dei chicchi di melograno
«Penseresti mai che la moglie di Ade possa essere una giovane fanciulla viziata che per passare il tempo parla a vanvera?
Il ritratto della corrispondenza tra il mondo dei morti e il mondo dei vivi.
Il ritratto mitologico di Persefone vive in bilico tra simbolico e concreto: un'immagine riflessa all'infinito, un melograno spaccato che macchia indelebilmente lenzuola bianche, fiori secchi, un'attrice, una regista, due live sound designers.
Come pensiamo si debba rappresentare Persefone oggi? Per "noi" è una di noi, una qualunque, con impulsi sessuali, con la voglia di cantare e con un grande spirito di rivalsa contro il suo doppio destino.
Forse così si de-sacralizza la figura di una dea? "Noi" ce ne freghiamo, a noi interessa l'umanità, la pazzia, la follia che invade ognuno di noi sotto la doccia.
Il mondo d'oggi è il mondo dell'eccessiva possibilità di scelta: Kore ha la possibilità di vivere sei mesi nel mondo dei vivi e i restanti nel mondo dei morti, ma è una sua scelta? E' una nostra scelta essere stati messi al mondo? NO, e dobbiamo saperlo, Persefone lo sa?
L'attrice è consapevole che Persefone non ha scelto? O non ha scelta?»
Rita Di Leo, regista di Kore, core mio | La conta dei chicchi di melograno
Persephónē
La figura mitologica tra dicerie, letteratura e studi di genere
Rita Di Leo, regista e drammaturga dello spettacolo Kore, core mio | La conta dei chicchi di melograno, insieme alla compagnia dello spettacolo incontra il pubblico per un approfondimento sulla figura di Persefone in un excursus drammaturgico, sul suo processo compositivo, storiografico e ideologico.
Il mito di Persefone permea alcuni località siciliane, come Enna, Pergusa e Siracusa, e ancora oggi, nel linguaggio comune si risentono i rimandi alla mitologia greca. Un racconto di come queste dicerie siciliane si intrecciano con la vita comune e con la figura femminile di Persefone - diametralmente opposta alla figura tragica di Antigone.
Una delle donne che percepiscono e reagiscono alle azioni altrui sul proprio corpo tramite una devozione apparentemente falsata al volere divino e alla sfera spirituale.
Domenica 11 febbraio 2023
Ore 18.30
Spazio Berenini 95
Ingresso libero su prenotazione
Quando le porte delle case resteranno di nuovo aperte
Nel maggio del 2019 Antonio Stano morirà all’ospedale di Taranto dopo aver passato giorni dentro casa senza sfamarsi. A Manduria, dove abitava, Antonio era chiamato il Pazzo e questo bastava a tutti gli altri per “collocarlo” all’interno della comunità, riducendone il suo ruolo, nei risvolti più tragici di questa vicenda, a quello d’oggetto del giogo d’una squadra di giovani tra i 16 e i 22 anni che lo perseguitavano col fine di poter filmare e condividere su WhatsApp le loro azioni. Antonio, per sfuggire loro, si era chiuso dentro casa senza più mettere piede fuori.
Quando le porte delle case resteranno di nuovo aperte prende forma da questa vicenda senza volerne tracciare la cronaca, ma cercando piuttosto di indagare le dinamiche sociali che la connotano: i beni di consumo e la cultura audiovisiva prima, i social poi, sono lentamente entrati a far parte di noi stessi, del modo in cui ci rapportiamo gli uni agli altri, col rischio pressante di marginalizzare il singolo dentro la sola forma dello spettatore, chiuso dietro delle porte sbarrate a fare da guardia ai propri averi o dietro degli schermi dietro cui imparare a recitare un nuovo sé stesso.
Nota
I mutamenti sociali che hanno coinvolto la nostra società dal primo dopoguerra sino ad oggi (con l’espandersi delle reti di comunicazione, i media sempre più presenti e aderenti al nostro quotidiano, il linguaggio pubblicitario che, col tempo, è andato via via a conformare significati e problematiche alle categorie della brevità e della semplificazione) hanno influito sull’acuirsi delle differenze sociali e sfibrato i lacci che ricamano il tessuto della comunità cui ognuno di noi appartiene. Il potere dell’avere premia il singolo omologando, di contro, tutti, su una stessa scala di bisogni.
Nel mondo degli spett-autori, in cui continuamente tutti guardiamo e produciamo contenuti, rappresentiamo e auto-rappresentiamo la nostra vita, lo spettacolo sceglie di mettere l’accento su questo cambiamento culturale della nostra epoca imbastendo un dialogo onesto tra scena e platea che tenta di far diventare l’evento teatrale un’occasione assembleare di indagine e confronto oltre che di spettacolo.